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Il controllo di gestione nella gestione del capitale umano: analisi dei costi e strategie di retention

30/05/2025
Redazione
  • Sai riconoscere e quantificare i costi nascosti che il turnover può generare nella tua azienda, oltre ai semplici costi diretti di sostituzione?
  • Quali sono le responsabilità dell’imprenditore e del management nella gestione del capitale umano secondo la normativa italiana vigente?
  • Sei consapevole di come il controllo di gestione possa aiutarti a valutare il ritorno sugli investimenti in formazione, welfare e flessibilità?
  • Conosci le best practice per strutturare un sistema di centri di costo del personale che sia realmente efficace e adatto alle esigenze della tua azienda?
  • Sei in grado di individuare le principali cause di turnover volontario nella tua impresa?
Contenuti
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Introduzione

Il contesto economico e produttivo odierno è caratterizzato da una continua evoluzione e da profonde trasformazioni che impattano direttamente sul mercato del lavoro. Le imprese, in particolare le Piccole e Medie Imprese (PMI) che costituiscono una parte fondamentale del nostro tessuto produttivo, si trovano ad affrontare sfide complesse in tempi alquanto incerti. In questo scenario, le priorità aziendali e istituzionali includono la salvaguardia dei posti di lavoro e la messa in sicurezza del sistema economico.  

In questo contesto, il capitale umano emerge con forza come una leva strategica cruciale per la competitività. Non è più sufficiente considerare i lavoratori semplicemente come un fattore di costo o come elementi funzionali al lavoro (l'approccio definito come "workfare"). Al contrario, la visione moderna riconosce la persona come un elemento creatore di ricchezza e valore. 

Le idee diffuse di capitale umano e della sua gestione richiedono una riflessione orientata a valorizzare le persone che vivono all'interno dei contesti organizzativi. Questa valorizzazione non è solo una questione etica o sociale, ma un fattore determinante per la performance, la produttività e, in definitiva, il successo e la "sopravvivenza" delle imprese, specialmente per le PMI. Le organizzazioni che sapranno gestire al meglio l'evoluzione del rapporto con i lavoratori, raggiungendo risultati concreti nel tempo, avranno un vantaggio competitivo.

 

Perché il controllo di gestione è fondamentale nella gestione del personale

Se il capitale umano è una risorsa strategica, la sua gestione non può più essere affidata unicamente all'intuito o a pratiche informali. È qui che il controllo di gestione assume un ruolo di fondamentale importanza e trasversalità. Tradizionalmente associato all'analisi dei costi e dei margini per comprendere l'andamento passato, il controllo di gestione è in realtà uno strumento pratico di supporto alle decisioni che permette di anticipare il futuro della gestione d'impresa. Esso fornisce una traccia sugli obiettivi da raggiungere, sulla distribuzione del tempo e delle risorse. 

Applicato alla gestione del personale, il controllo di gestione va ben oltre la mera contabilità o la misurazione a posteriori dei costi. Esso è indispensabile per:

  • Calcolare e analizzare i costi del personale in modo dettagliato, comprendendo la loro incidenza sulla gestione aziendale. Questo è particolarmente rilevante nelle imprese dove il costo del personale è significativo. 
  • Predisporre i budget e la pianificazione economico-finanziaria che tengano conto delle risorse umane e delle strategie relative. 
  • Supportare le decisioni strategiche relative al personale, dalla pianificazione degli organici agli investimenti in formazione e welfare. 
  • Individuare tempestivamente le aree di rischio e valutare l'efficacia delle politiche adottate. 
  • Valutare il ritorno sugli investimenti in welfare, formazione e sviluppo. 
  • Monitorare, prevenire e ridurre i costi legati al ricambio del personale (turnover), spesso "nascosti" ma molto onerosi per l'azienda. 

 

Quadro normativo e principi di riferimento

La gestione del personale e, più in generale, l'organizzazione aziendale, si inseriscono in un quadro normativo complesso che definisce diritti, doveri e responsabilità. Comprendere questo contesto è fondamentale per impostare politiche di gestione del capitale umano efficaci e in linea con i principi di legalità e responsabilità sociale.

 

Articolo 2086 del Codice Civile 

Riferimenti normativi centrali per l'organizzazione d'impresa includono l'articolo 2086 del Codice Civile, che, nella sua formulazione attuale, richiede all'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, di istituire assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale. Questo obbligo implica la necessità di disporre di sistemi di controllo interno robusti, che includono la gestione delle risorse umane come componente essenziale dell'organizzazione.

 

Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII) 

Parallelamente, il Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza (CCII) rafforza l'importanza di tali assetti, finalizzati a prevenire situazioni di crisi. Sebbene non si riferiscano esplicitamente ai costi del personale, questi riferimenti normativi sottolineano l'esigenza generale di strutture organizzative e di controllo solide per garantire la salute e la continuità dell'impresa. 

All'interno di questo quadro, il ruolo della compliance nelle politiche di gestione del personale assume una rilevanza strategica. Compliance significa agire in conformità con leggi, regolamenti, standard interni e codici etici. Nella gestione del personale, questo si traduce nell'assicurare il rispetto delle normative lavoristiche, previdenziali, fiscali, e di quelle relative alla salute e sicurezza sul lavoro. Un'impresa che non rispetta tali norme espone sé stessa a rischi legali, finanziari e reputazionali significativi. La compliance non è un mero adempimento burocratico, ma un elemento integrante di una gestione aziendale responsabile.

 

Legge 231/2001 

Le implicazioni della Legge 231/2001 e del GDPR nella gestione delle risorse umane sono particolarmente significative. La Legge 231/2001 stabilisce la responsabilità amministrativa delle società per i reati commessi dai propri amministratori, dirigenti o dipendenti nell'interesse o a vantaggio dell'ente. Per mitigare questo rischio, le aziende sono incentivate ad adottare Modelli di Organizzazione, Gestione e Controllo (Modelli 231). Questi modelli definiscono procedure e protocolli interni volti a prevenire la commissione dei reati "presupposto" elencati dalla legge, molti dei quali possono coinvolgere direttamente il personale o le sue attività (es. reati contro la pubblica amministrazione, reati societari, reati in materia di salute e sicurezza sul lavoro). La gestione del personale è quindi chiamata a implementare le misure previste dal Modello 231, promuovere una cultura etica attraverso codici di condotta, e garantire la formazione del personale sui principi di legalità e trasparenza.

 

GDPR 

Il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR) ha rivoluzionato la gestione dei dati personali. La gestione delle risorse umane implica il trattamento di una vasta quantità di informazioni sensibili sui dipendenti (dati anagrafici, contrattuali, retributivi, sanitari, giudiziari, ecc.). Il GDPR impone obblighi stringenti in termini di raccolta, conservazione, utilizzo e protezione di tali dati. Le aziende devono garantire la trasparenza nel trattamento, ottenere consensi adeguati (dove richiesto), implementare misure di sicurezza tecniche e organizzative robuste e definire procedure per la gestione delle violazioni dei dati. La compliance al GDPR in ambito HR richiede un'attenta revisione dei processi interni e l'adozione di politiche specifiche per la protezione dei dati dei dipendenti. 

Questi riferimenti normativi e i principi di compliance non solo impongono obblighi legali, ma spingono le aziende verso una gestione del personale più strutturata, trasparente e consapevole dei rischi, ponendo le basi per l'applicazione efficace del controllo di gestione. 

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Il controllo di gestione applicato al capitale umano

Come accennato, il controllo di gestione non è un concetto universale, ma deve essere "cucito su misura" per ogni realtà aziendale. Applicato alla gestione del capitale umano, esso si concentra sull'analisi e l'ottimizzazione delle risorse umane in relazione agli obiettivi aziendali. 

La definizione e gli obiettivi del controllo di gestione nelle risorse umane riguardano l'insieme delle attività volte a pianificare, monitorare e valutare l'impiego del personale per massimizzare il suo contributo alla creazione di valore e raggiungere gli obiettivi strategici dell'organizzazione. Gli obiettivi specifici includono: 

  • Analisi e ottimizzazione dei costi: Non solo il costo diretto del lavoro (salari, contributi), ma anche i costi associati (formazione, welfare, turnover, assenteismo). 
  • Valutazione delle performance: Legare le performance individuali e di gruppo agli obiettivi aziendali. 
  • Supporto alle decisioni strategiche HR: Fornire dati e analisi per decisioni su assunzioni, percorsi di carriera, politiche retributive, interventi di welfare. 
  • Misurazione dell'efficacia delle politiche HR: Valutare se le strategie e le iniziative implementate (es. formazione, flessibilità, welfare) producono i risultati attesi in termini di produttività, clima aziendale, retention. 
  • Prevenzione dei rischi: Identificare segnali precoci di insoddisfazione, potenziale turnover o altre problematiche legate al personale.

 

Lʼintegrazione tra amministrazione del personale e controllo di gestione 

Il raggiungimento di questi obiettivi richiede una stretta integrazione tra l'amministrazione del personale e il controllo di gestione. L'amministrazione del personale gestisce una mole enorme di dati fondamentali (contratti, presenze, cedolini paga, congedi, ecc.). Per il controllo di gestione, è essenziale che questi dati siano strutturati in modo da essere facilmente utilizzabili per analisi gestionali. L'obiettivo è garantire il maggiore allineamento possibile tra la struttura dei dati dell'amministrazione del personale e l'architettura del sistema informativo del controllo di gestione. Questo riduce o elimina la necessità di operazioni manuali per integrare i dati, sia per le previsioni (budget) che per la rendicontazione consuntiva. Ottimizzare la capacità informativa dei dati relativi alla gestione del personale è cruciale per ottenere un controllo di gestione più efficace.

 

Centri di costo del personale: struttura, vantaggi e criticità

Uno strumento chiave per l'analisi dei costi del personale è la definizione e l'utilizzo dei centri di costo del personale. La struttura dei centri di costo consiste nel suddividere l'organizzazione in unità operative o funzioni (es. produzione, commerciale, amministrativo, R&D) e assegnare i costi del personale a ciascuna di esse. Questo permette di superare una visione aggregata del costo del lavoro, offrendo una granularità essenziale per l'analisi gestionale. 

I vantaggi derivanti dall'utilizzo dei centri di costo del personale sono molteplici: 

  • Maggiore visibilità e comprensione dei costi: Si può sapere esattamente quanto incide il personale su ciascun reparto o funzione. 
  • Supporto al budgeting: Facilita la definizione dei budget del personale per ciascun centro di costo. 
  • Analisi della redditività: Aiuta a calcolare l'incidenza dei costi del personale sui costi totali di produzione o sui costi di servizio, supportando l'analisi di marginalità per prodotto/servizio. 
  • Valutazione dell'efficienza: Permette di confrontare l'efficienza dei diversi centri di costo in termini di utilizzo delle risorse umane. 
  • Responsabilizzazione: I responsabili dei centri di costo possono essere valutati anche in base alla gestione dei costi del personale assegnati. 
  • Identificazione di inefficienze: Rende più semplice individuare dove i costi del personale sono eccessivi o non giustificati dai risultati. 

Le criticità nell'implementazione dei centri di costo possono riguardare la complessità iniziale nel definire la struttura adeguata all'azienda, la necessità di adeguare i sistemi contabili e informativi, e l'importanza di garantire che i dati vengano inseriti correttamente in ciascun reparto. 

Inoltre, come per ogni strumento di controllo di gestione, non esiste una soluzione universale; è fondamentale progettare un sistema che sia realmente "cucito su misura" per la specifica realtà, tenendo conto delle sue dimensioni, della sua organizzazione e dei suoi obiettivi strategici. La gestione di grandi numeri di persone e diverse sedi dislocate sul territorio può rappresentare una sfida aggiuntiva per le grandi aziende e le pubbliche amministrazioni, così come gli sforzi e gli investimenti formativi possono esserlo per le PMI. Tuttavia, i benefici derivanti da una corretta analisi dei costi del personale per centri di costo superano ampiamente le difficoltà iniziali di implementazione. 

 

Analisi dei costi del personale: strumenti e metodologie operative 

Per le imprese, e in particolare per le PMI italiane dove la struttura dei costi è spesso caratterizzata da una notevole incidenza della spesa per il personale, l'analisi dei costi del personale e la sua gestione strategica attraverso il controllo direzionale rappresentano una leva fondamentale per l'efficienza e la competitività. La contabilità del personale fornisce i dati grezzi, ma è l'integrazione di questi dati nel processo di controllo di gestione che permette di trasformarli in informazioni utili per definire obiettivi, valutare andamenti e intraprendere tempestivamente azioni correttive e di miglioramento. Un obiettivo primario di questo processo è l'allineamento tra la struttura dei dati della contabilità del personale e l'architettura del sistema informativo del controllo di gestione, al fine di ridurre le operazioni manuali e ottimizzare la capacità informativa.

 

Il Budget del personale: uno strumento di pianificazione strategica 

Al centro dell'analisi previsionale si colloca il budget del personale. Lungi dall'essere un mero esercizio contabile, il budget è uno strumento strategico che proietta l'impresa nel futuro, fornendo una previsione della situazione economico-finanziaria per l'anno successivo. Definisce gli obiettivi da raggiungere, indica come distribuire tempo e risorse, e aiuta a pianificare investimenti, costi e margini. Utilizzando le informazioni derivate dall'analisi dei dati del personale, il budget del personale contribuisce alla pianificazione a medio termine, utile sia internamente che per interlocutori esterni come le banche. Non esiste un sistema di controllo di gestione universale, e pertanto anche la costruzione del budget deve essere "cucita su misura" per ogni realtà aziendale.

 

Indicatori chiave: costo medio, costo diretto e indiretto, costi nascosti del turnover

Per monitorare efficacemente i costi del personale e valutare l'impatto delle decisioni gestionali, è essenziale dotarsi di indicatori chiave (KPI). Questi includono il costo medio del personale e l'analisi dettagliata dei costi diretti e indiretti, con una particolare attenzione ai costi nascosti del turnover. I costi diretti del personale uscente sono facilmente quantificabili e comprendono le spese per la selezione, l'inserimento (onboarding), la formazione del nuovo assunto, e il periodo di minore produttività che caratterizza la fase iniziale di un nuovo inserimento. 

Tuttavia, è fondamentale non sottovalutare i costi indiretti o nascosti del turnover, che rappresentano spesso la parte più consistente dell'impatto economico. Alcuni studi stimano che fino a due terzi dei costi totali del turnover siano di natura intangibile, ma non per questo meno impattanti sulla performance aziendale. Tra questi costi nascosti rientrano: 

  • La perdita di know-how, esperienze e competenze specifiche maturate dal dipendente uscente. 
  • La potenziale interruzione o indebolimento delle relazioni con clienti e fornitori gestite dalla risorsa che se ne va. 
  • Un calo del morale e dell'engagement tra i dipendenti che rimangono, a causa dell'instabilità o di un aumento del carico di lavoro temporaneo. 
  • La necessità di ridefinire le dinamiche interne e i processi di lavoro. 
  • Il rischio di un peggioramento della reputazione aziendale, sia verso l'interno (difficoltà a trattenere i dipendenti) che verso l'esterno (percezione di instabilità). 

Quantificare il costo del turnover è complesso. Sostituire un dipendente può costare all'azienda tra il 50% e il 150% dello stipendio annuo della persona che lascia, e per figure manageriali di alto livello questa percentuale può salire fino al 213%. 

In una realtà di 100 dipendenti con un tasso di turnover del 10%, il costo annuo può superare i 200.000 euro. Questi numeri evidenziano chiaramente come il turnover non sia solo una questione di risorse umane, ma un vero e proprio tema di sostenibilità economica che richiede l'intervento del controllo di gestione per monitorare, prevenire e ridurre le inefficienze.

 

Dashboard, report e simulazioni per il monitoraggio dei costi del personale 

Un sistema di controllo di gestione evoluto non si limita a calcolare i costi del turnover a posteriori, ma fornisce strumenti predittivi e di monitoraggio continuo. Questo avviene attraverso l'uso di dashboard e report personalizzati che raccolgono dati precisi sui costi diretti e indiretti, analizzano le cause delle dimissioni (spesso tramite indicatori oggettivi e survey interne), e stimano l'impatto economico delle diverse strategie di gestione del personale. 

Questi strumenti consentono al management di prendere decisioni più informate, allocare le risorse in modo mirato e intervenire rapidamente in caso di criticità. La possibilità di simulare scenari alternativi permette inoltre di valutare l'efficacia potenziale di diverse politiche di retention prima di implementarle su larga scala. 

 

Il costo nascosto del turnover e l'importanza strategica della retention 

Come abbiamo visto, il costo nascosto (intangibile) del turnover è spesso preponderante. La difficoltà nel trattenere i talenti, soprattutto tra le nuove generazioni che mostrano una maggiore propensione al cambiamento, rappresenta una sfida strategica cruciale per le imprese italiane. L'Italia si colloca in fondo alla classifica europea per capacità di retention. 

Le aziende che riescono a migliorare la propria employee retention non solo riducono i costi associati alla sostituzione del personale, ma registrano anche un miglioramento della performance. Trattenere i talenti contribuisce a costruire organizzazioni più solide, attrattive e resilienti.

 

Analisi del turnover: cause, impatti e rischi per la continuità aziendale

Comprendere perché i dipendenti lasciano l'azienda è il primo passo per affrontare il problema. Contrariamente alla credenza comune, la retribuzione, pur rimanendo un fattore importante, non è più l'unico determinante. Le cause principali di dimissioni volontarie includono: 

  • Mancanza di benefit e servizi di welfare aziendale. 
  • Opportunità di crescita e percorsi di carriera limitati o poco chiari. 
  • Scarso equilibrio tra vita privata e lavoro (work-life balance). 
  • Un clima aziendale poco stimolante, demotivante o percepito come "tossico". 
  • La qualità della leadership. 
  • La mancanza di formazione continua. 

Le nuove generazioni, in particolare, valorizzano sempre più ambienti di lavoro inclusivi, flessibili e attenti al benessere personale. La flessibilità è indicata come il primo fattore di retention, seguito dalla percezione di sicurezza, dal supporto al benessere e dalla possibilità di trovare un senso nel proprio lavoro. 

Gli impatti economici e i rischi per la continuità aziendale, oltre ai costi diretti e indiretti già citati, riguardano la potenziale perdita di efficienza operativa dovuta all'interruzione dei processi, la necessità di riassegnare temporaneamente compiti, e una generale destabilizzazione organizzativa, soprattutto nelle realtà più piccole dove ogni risorsa ha un peso specifico maggiore.

 

Come il controllo di gestione aiuta a stimare e prevenire i costi del turnover

Il controllo di gestione agisce come un alleato indispensabile non solo per misurare i costi del turnover, ma soprattutto per prevenirli. Attraverso l'integrazione con le funzioni HR, consente di: 

  • Quantificare l'impatto economico: Raccogliere dati precisi sui costi diretti e indiretti del turnover. 
  • Identificare le cause: Analizzare le ragioni alla base delle dimissioni tramite indicatori oggettivi e survey interne. 
  • Valutare le strategie di retention: Stimare l'impatto economico di diverse politiche per trattenere i dipendenti (es. welfare, formazione, flessibilità). 
  • Monitorare e prevedere: Utilizzare dashboard e report per un monitoraggio continuo delle aree di rischio e per proiettare scenari futuri. 
  • Allocare risorse: Guidare decisioni informate sull'allocazione degli investimenti in politiche HR finalizzate alla retention. 
  • Misurare il ROI: Valutare il ritorno sugli investimenti in welfare, formazione e sviluppo, dimostrando il valore economico delle politiche di gestione del personale. 

Questo approccio data-driven permette di spostare l'attenzione dalla mera sostituzione del personale alla costruzione di un ambiente di lavoro che favorisca l'engagement e la fidelizzazione, affrontando le cause del turnover in modo strutturato. 

 Le PMI affrontano sfide significative legate al turnover, con tassi che possono superare il 60%. Molte PMI italiane stanno riconoscendo l'importanza del benessere del lavoratore come un vero e proprio fattore strategico di successo, capace di favorire migliori performance lavorative e una maggiore qualità complessiva. Questo vale in particolare in periodi di crisi economica, dove la necessità di serenità e sicurezza aumenta. Alcune PMI, pur non adottando policy interne codificate come le grandi aziende, gestiscono le pratiche di bilanciamento vita-lavoro (un fattore chiave di retention) in modo informale ma consolidato, "seguendo il buon senso". Altre, con politiche un po’ più strutturate, dimostrano come la comprensione dei bisogni dei lavoratori possa passare attraverso dei semplici sondaggi e attraverso momenti più formali di attenzione alle persone, anche senza investimenti onerosi, rafforzando il senso di appartenenza e migliorando il clima. 

L'applicazione degli strumenti di controllo di gestione consente alle PMI di passare da un approccio intuitivo a uno basato sui dati per affrontare il turnover, rendendo visibili i costi nascosti e misurando l'efficacia degli investimenti nel capitale umano. 

 

Strategie per la retention del capitale umano: strumenti, azioni e misurazione dei risultati 

Affrontare il costo nascosto del turnover, richiede un approccio proattivo basato su strategie mirate di retention. 

Trattenere i migliori talenti e valorizzare il capitale umano non è solo una questione di risorse umane, ma una leva strategica fondamentale per la competitività e la sostenibilità economica delle imprese, in particolare per le PMI che devono cercare elementi distintivi e di vantaggio competitivo. La maggior parte delle cause che portano alle dimissioni può essere affrontata attraverso politiche di engagement, ascolto attivo e valorizzazione delle persone. 

Le strategie di retention più efficaci pongono al centro il benessere dei collaboratori, la flessibilità organizzativa, la formazione, la crescita professionale, la costruzione di una cultura aziendale inclusiva e la promozione di una leadership ispirazionale. Non esistono strategie di retention "universali", ma un sistema cucito su misura per ogni realtà.

 

Politiche di compensation e benefit: retribuzione, premi, welfare aziendale

Sebbene la retribuzione rimanga un elemento centrale nelle decisioni dei dipendenti, non è più l'unico fattore determinante per la retention. I lavoratori cercano stabilità, benessere e prospettive di crescita. In questo contesto, le politiche di compensation e benefit, inclusi i sistemi di riconoscimento e i benefit competitivi, assumono un ruolo cruciale. 

Il welfare aziendale emerge come uno strumento strategico per rispondere a queste esigenze. Le aziende che adottano un piano di welfare aziendale registrano una significativa riduzione del turnover e un miglioramento della performance. Il welfare aziendale non è solo un insieme di benefit aggiuntivi, ma contribuisce a creare un ambiente di lavoro più sostenibile, produttivo e competitivo. 

Tra i principali servizi welfare che impattano direttamente sulla retention troviamo: 

  • Supporto alla famiglia: include rimborsi per asili nido, spese scolastiche e assistenza agli anziani. L'asilo nido, in particolare, è stato storicamente una delle prime modalità con cui il tema del bilanciamento vita-lavoro si è affermato in Italia, supportato da incentivi legislativi. 
  • Benessere e salute: copre polizze sanitarie agevolate (anche per familiari), visite specialistiche, abbonamenti a palestre (anche tramite convenzioni) e piani di prevenzione. Questo si lega strettamente al tema della salute e sicurezza sul lavoro, riconoscendo che la difficoltà nel bilanciare vita e lavoro può avere ripercussioni sulla salute dei lavoratori. 
  • Conciliazione vita-lavoro: comprende una vasta gamma di strumenti, come convenzioni per trasporti, orari flessibili e smart working. Questi strumenti sono visti come fondamentali per migliorare il rapporto tra organizzazione e lavoratore e aumentare la produttività.

 

Piani di formazione: corsi di aggiornamento e sviluppo delle competenze 

Le misure di welfare possono anche assumere la forma di incentivi non monetari, come l'esempio di Luxottica che ha optato per distribuire valore tramite servizi per i dipendenti e le loro famiglie anziché aumentare direttamente la retribuzione, per conferire potere d'acquisto in aree prioritarie. 

È importante sapere che sono previste agevolazioni fiscali (detassazione e decontribuzione) per le somme erogate ai lavoratori dipendenti del settore privato, in attuazione di accordi territoriali o aziendali, che siano correlate a incrementi di produttività, qualità, redditività, innovazione, efficienza organizzativa. Questo include anche misure di conciliazione e modulazione degli orari e dei tempi di lavoro.

 

Formazione, sviluppo professionale e percorsi di carriera 

La mancanza di opportunità di crescita limitate è una delle principali cause di dimissioni volontarie. Di conseguenza, le aziende virtuose puntano su percorsi di carriera trasparenti e personalizzati, investimenti in formazione continua e sviluppo delle competenze. 

La formazione non si limita solo alle competenze strettamente professionali, ma può includere anche corsi non legati direttamente al lavoro o rimborsi per spese scolastiche/universitarie. Alcune aziende offrono percorsi strutturati, come l'accompagnamento per le dipendenti che si avvicinano e rientrano dalla maternità, prevedendo colloqui, aggiornamenti durante l'assenza e l'affiancamento di un tutor al rientro per facilitare il reinserimento e l'aggiornamento sulle novità aziendali. È importante anche la formazione sulla cultura del bilanciamento vita-lavoro per la classe dirigente, per diffondere la sensibilità sul tema.

 

Smart working, flessibilità e bilanciamento vita-lavoro

La flessibilità è addirittura considerata il primo fattore di retention. Le aziende che offrono modalità di lavoro ibride o remote tendono ad avere tassi di turnover più bassi. 

Le misure di flessibilità si attestano tra le azioni più diffuse per il bilanciamento vita-lavoro. Queste includono: 

  • Modulazione dell'orario di lavoro: flessibilità nell'orario di entrata, uscita, pausa pranzo, fino all'assenza totale di timbratura. 
  • Utilizzo del telelavoro/smart working: Può essere offerto a tutti i dipendenti o a ruoli specifici, con la fornitura di strumenti tecnologici. Alcune aziende hanno programmi dedicati (es. "inclusione sociale" per mamme o persone con disabilità). 
  • Incentivo all'uso del part-time: offerto in quasi tutte le aziende considerate "best places to work", anche se con percentuali variabili. 
  • Banca delle ore: permette una gestione più flessibile dei tempi. 
  • Permessi aggiuntivi retribuiti: al di là di quelli previsti dal CCNL, per esigenze familiari come malattie dei figli, inserimento al nido, o per l'unità familiare dei lavoratori stranieri. 

L'attuazione di tali misure richiede un cambiamento culturale che privilegi i risultati ottenuti rispetto al tempo trascorso in ufficio. Ciò implica una maggiore responsabilizzazione del lavoratore. Fondamentale è instaurare un rapporto di reciproca fiducia tra datore di lavoro e lavoratore. 

 

Misurare l'efficacia delle strategie di retention attraverso il controllo di gestione 

Implementare strategie di retention è necessario, ma per valutarne il reale impatto e ottimizzare gli investimenti è cruciale misurarne l'efficacia. Il controllo di gestione assume in questo scenario un ruolo centrale e trasversale. Non si limita a misurare i costi del turnover a posteriori, ma fornisce strumenti predittivi e di monitoraggio per individuare aree di rischio e valutare l'efficacia delle politiche di retention adottate. 

L'integrazione tra controllo di gestione e gestione delle risorse umane è fondamentale. Consente di utilizzare in modo più efficace i dati contabili relativi al personale e di valutare il ritorno sugli investimenti (ROI) in iniziative legate al capitale umano, come il welfare, la formazione e lo sviluppo. Questo permette una pianificazione strategica più efficace e contribuisce a ridurre le inefficienze associate al ricambio del personale.

 

KPI e metriche per la valutazione della retention

Per misurare l'efficacia delle strategie di retention, è necessario definire indicatori chiave di performance (KPI) e metriche pertinenti. Il controllo di gestione aiuta a valorizzare i dati contabili del personale per definire obiettivi e valutare gli andamenti. 

Sebbene la quantificazione dei risultati di alcune iniziative possa essere complessa e basata su feedback qualitativi, è possibile utilizzare diverse metriche: 

  • Tasso di turnover: monitorare la sua riduzione è un indicatore diretto dell'efficacia delle politiche di retention. 
  • Assenteismo: una sua diminuzione può indicare un miglioramento del benessere e dell'equilibrio vita-lavoro. 
  • Produttività: l'aumento della produttività individuale e aziendale è un vantaggio atteso dalle pratiche di bilanciamento vita-lavoro e welfare. 
  • Clima organizzativo e soddisfazione dei dipendenti: misurati tramite indagini e sondaggi, indicano il miglioramento delle relazioni interne, della motivazione e del senso di appartenenza. 
  • Fidelizzazione e senso di appartenenza: indicatori che riflettono il legame del lavoratore con l'organizzazione. 
  • Performance: la valutazione delle performance individuali e di gruppo può mostrare l'impatto delle politiche sul rendimento lavorativo.

 

Analisi del ROI degli investimenti in capitale umano 

La misurazione non si limita alla semplice registrazione dei dati, ma si estende all'analisi del ROI. Valutare il ritorno sugli investimenti in welfare, formazione o altre iniziative di retention è fondamentale per giustificare le spese e dimostrare il loro valore strategico. Sebbene sia difficile quantificare precisamente l'impatto economico di alcune pratiche, le aziende riconoscono che tali sforzi sono compensati dai vantaggi ottenuti. Il miglioramento del rendimento, l'aumento della produttività e la migliore qualità dei servizi sono considerati vantaggi che incidono positivamente sull'economia delle organizzazioni. Il controllo di gestione fornisce gli strumenti per collegare questi miglioramenti alle politiche implementate e stimare il loro contributo economico.

 

Personalizzazione delle strategie di retention in base ai dati raccolti 

Una volta misurati i risultati e valutato l'impatto, i dati raccolti devono informare la personalizzazione delle strategie di retention. Comprendere i reali bisogni dei lavoratori attraverso l'ascolto e l'analisi dei dati (come le indagini di clima o i feedback diretti) è il punto di partenza per adottare politiche efficaci. 

Le esigenze dei lavoratori cambiano a seconda della cultura aziendale, dell'ubicazione, dell'età, ecc., rendendo essenziale un approccio adattato alla realtà specifica. L'adozione di politiche non richiede necessariamente ingenti investimenti economici, ma molta attenzione e comprensione. 

La misurazione continua e l'analisi dei dati tramite il controllo di gestione permettono di affinare costantemente le strategie, concentrando le risorse sugli interventi più efficaci e personalizzando le risposte ai bisogni emergenti dei dipendenti, contribuendo così a costruire organizzazioni più solide, attrattive e resilienti. 

 

Best practice 

Per le piccole e medie imprese italiane, il tema del bilanciamento vita-lavoro rappresenta un elemento strategico, quasi una chiave per la "sopravvivenza". Avere personale motivato e sereno sul luogo di lavoro consente loro di ottenere performance migliori, un fattore cruciale per le piccole realtà che devono cercare elementi caratterizzanti e di vantaggio competitivo. 

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, l'implementazione di politiche efficaci non richiede necessariamente grandi investimenti economici, appannaggio solo di pochi soggetti. La vera chiave del successo risiede nella volontà di indurre un cambiamento positivo e nella cultura dell'attenzione verso i lavoratori. Le aziende che adottano tali pratiche registrano benefici precisi, anche e soprattutto in periodi di crisi. 

Le motivazioni che spingono le aziende ad attivare queste iniziative sono diverse a seconda del soggetto considerato. Per le multinazionali e le grandi aziende, i motivi principali includono il miglioramento del clima lavorativo, la retention dei talenti e l'incremento dei livelli di performance, in linea con le modalità organizzative internazionali. Per le PMI, come accennato, è una questione di vantaggio strategico e competitivo. Indipendentemente dalla dimensione, in un periodo di crisi, le persone hanno una crescente necessità di serenità e sicurezza per affrontare meglio i carichi di vita privati e professionali. 

Le pratiche più diffuse includono la flessibilità, le politiche di supporto alla maternità/paternità, la formazione e la comunicazione, e i servizi on-site. È interessante notare che, mentre le grandi aziende tendono a privilegiare servizi on-site e benessere generale (spesso grazie a maggiori possibilità di realizzazione di infrastrutture), le PMI e le pubbliche amministrazioni si orientano maggiormente verso misure che non siano eccessivamente costose ma che impattino direttamente sul benessere personale, come le iniziative a supporto della genitorialità, la formazione e la comunicazione.

 

Approcci innovativi e trend emergenti

Il contesto italiano si sta muovendo verso una maggiore consapevolezza che il bilanciamento vita-lavoro non è più solo una "questione femminile", ma una dimensione che riguarda l'economia e lo sviluppo del Paese, coinvolgendo uomini e donne. Le politiche di conciliazione sono viste come un potenziale motore dell'economia. Si assiste al superamento del pregiudizio che vede la conciliazione come un vincolo per le imprese, puntando invece a creare un modello di Welfare orientato a una maggiore parità, dove famiglia, figli e lavoro non si escludono a vicenda. Questo richiede piani integrati su politiche di genere, formazione, lavoro, conciliazione e welfare, coinvolgendo tutti i soggetti interessati.

Tra i trend emergenti vi è la diffusione di nuove parole chiave come economia della conoscenza, responsabilità, cultura del network. La risorsa umana è sempre più vista come elemento creatore di ricchezza e valore. Il modo di concepire l'organizzazione del lavoro viene ripensato, puntando alla valorizzazione delle persone. 

Diverse iniziative istituzionali e volontarie spingono in questa direzione: 

  • Programmi governativi come "Italia 2020" che promuovono l'integrazione tra politiche del lavoro e di Welfare, il potenziamento dei servizi per l'infanzia, e la sperimentazione di contratti flessibili e part-time. 
  • Iniziative come la Carta delle Pari Opportunità, sottoscritta volontariamente dalle imprese, che impegna a diffondere una cultura inclusiva e a fornire strumenti per la conciliazione, anche con la collaborazione del territorio e dei servizi pubblici/privati. 
  • L'approccio family friendly, che vede la famiglia come un capitale sociale e promuove criteri di sussidiarietà, sia verticale (legislazione) che orizzontale (collaborazione tra aziende, famiglie, territorio). Si parla di "contratti relazionali" che includono la cura familiare nella funzione obiettivo dei contratti di lavoro. 
  • La diffusione di certificazioni come il "Marchio Famiglia" o l'"Audit Famiglia&Lavoro", che attestano l'impegno delle organizzazioni e offrono un ritorno in termini di reputazione. 
  • L'utilizzo crescente della tecnologia, come il telelavoro e le soluzioni innovative come il monitoraggio remoto, per facilitare la flessibilità. 
  • La creazione di network e l'associazionismo tra dirigenti e lavoratori, così come la partecipazione a osservatori nazionali, per condividere buone pratiche ed esperienze. 

Questi trend indicano una crescente consapevolezza che investire nelle persone, nella loro flessibilità e benessere, è fondamentale per la competitività e la sostenibilità. 

 

Rischi, criticità e raccomandazioni operative 

Nonostante il crescente interesse e le iniziative virtuose, il percorso per implementare efficacemente politiche di bilanciamento vita-lavoro presenta criticità e rischi. Le difficoltà più ricorrenti riscontrate dalle organizzazioni intervistate sono principalmente di tipo organizzativo. Per le PMI, ciò si traduce in sforzi e investimenti formativi necessari, mentre per le grandi aziende e le P.A. riguarda la gestione di numeri elevati di persone e sedi dislocate. Un'altra criticità significativa per PMI e P.A. è la difficoltà di comunicazione interna. Alcune aziende lamentano una limitata collaborazione e sostegno da parte di attori istituzionali locali e difficoltà a collaborare in rete con altre realtà. In minima parte si riscontrano invece difficoltà legate a un incremento dei costi. 

Tra gli ostacoli "invisibili" alla piena affermazione di un nuovo modo di concepire il rapporto di lavoro vi è la persistenza di una cultura che valorizza il tempo speso nel luogo di lavoro più che il risultato ottenuto. Questo può andare a discapito degli spazi dedicati alla famiglia. Inizialmente, vi possono essere reticenze di una parte del management ad introdurre misure di maggiore libertà organizzativa. Lo scetticismo di alcune classi dirigenti, ancora legate a teorie manageriali che non considerano l'individuo nella sua interezza, portatore di relazioni extra-lavorative, rappresenta un ostacolo.

 

Rischi legati alla mancata integrazione tra controllo di gestione e HR

Un rischio significativo è la mancata integrazione tra il controllo di gestione e la gestione delle risorse umane. Il controllo di gestione è uno strumento indispensabile per monitorare, prevenire e ridurre le inefficienze legate al ricambio del personale, stimare l'impatto economico delle strategie HR, e valutare il ritorno sugli investimenti in welfare, formazione e sviluppo. 

Senza questa integrazione: 

  • È difficile quantificare con precisione i costi nascosti del turnover, rendendo meno evidente l'impatto economico della gestione del personale. 
  • Si rischia di non avere dati oggettivi (oltre ai sondaggi) per analizzare le cause delle dimissioni. 
  • Non si può misurare efficacemente il ROI delle politiche di retention e di benessere aziendale. 
  • Le decisioni relative alle strategie di gestione del personale potrebbero non essere pienamente informate o basate su simulazioni economiche accurate. 
  • Le aree di rischio relative al personale potrebbero non essere individuate tempestivamente attraverso indicatori predittivi. 

Senza un controllo di gestione integrato, la gestione del capitale umano, inclusa la retention e il bilanciamento vita-lavoro, rischia di rimanere un insieme di buone pratiche difficilmente misurabili e strategicamente meno efficaci.

 

Errori comuni nellʼanalisi dei costi del personale e nella definizione delle strategie di retention 

Basandosi sulle criticità e sui principi di un approccio efficace, possiamo identificare alcuni errori comuni: 

  • Non comprendere i reali bisogni dei lavoratori: Implementare iniziative senza un'analisi preliminare delle esigenze specifiche del personale. Ciò porta a misure inefficaci o poco apprezzate (come nel caso di alcuni nidi aziendali che hanno fallito per errata valutazione dei bisogni). 
  • Adottare azioni isolate e non integrate: Non creare un sistema strutturato di politiche che copra le diverse esigenze lungo il ciclo di vita del dipendente. 
  • Trascurare la formazione e il coinvolgimento del management: Il cambiamento culturale richiesto passa necessariamente per il management, che deve essere formato e sensibilizzato. Lo scetticismo dirigenziale è una delle principali criticità. 
  • Non comunicare efficacemente le politiche: Le migliori iniziative sono inutili se i dipendenti non ne sono a conoscenza o non ne capiscono i benefici. La comunicazione interna è una criticità, specialmente per PMI e P.A.. 
  • Valutare il lavoro solo per il tempo speso: Non superare la logica del controllo basata sulla presenza fisica per adottare metriche orientate ai risultati. 
  • Affidarsi all'intuito anziché ai dati: Non utilizzare strumenti di controllo di gestione per monitorare, misurare e valutare l'efficacia delle politiche di gestione del personale.

 

Raccomandazioni per imprenditori e responsabili HR 

Per superare le criticità e sfruttare appieno le opportunità offerte da una gestione efficace del capitale umano e del bilanciamento vita-lavoro, suggeriamo diverse azioni: 

  • Ascoltare attivamente i dipendenti: Comprendere i loro reali bisogni attraverso sondaggi, analisi di clima, focus group o canali di comunicazione dedicati. Le iniziative più apprezzate nascono dall'ascolto. 
  • Comunicare in modo chiaro e puntuale: Assicurarsi che i lavoratori siano pienamente consapevoli degli strumenti e delle politiche a loro disposizione. 
  • Investire nella formazione: Fornire formazione specifica sui temi del bilanciamento vita-lavoro a tutta la popolazione aziendale, con particolare attenzione alla sensibilizzazione e formazione delle dirigenze. I manager sono elementi chiave per il cambiamento culturale. 
  • Adottare un approccio integrato: Implementare un sistema strutturato di azioni che coprano i diversi ambiti della vita dei dipendenti, andando oltre singole iniziative isolate. 
  • Costruire network e collaborazioni: Integrarsi nel tessuto sociale locale, collaborare con altre imprese, istituzioni e servizi del territorio in una logica di progettazione bidirezionale. 
  • Superare la cultura del tempo speso: Orientare la valutazione delle performance verso i risultati e gli obiettivi raggiunti. 
  • Integrare Controllo di Gestione e HR: Dotarsi di strumenti di controllo di gestione per misurare i costi (diretti e indiretti) del personale e del turnover, monitorare gli indicatori chiave, valutare l'efficacia (ROI) delle politiche di retention e benessere, e supportare le decisioni strategiche con dati. Un approccio data-driven è essenziale. 

 

Conclusioni

Il mercato del lavoro è in continua evoluzione, e la gestione efficace del capitale umano è diventata una leva strategica fondamentale per la competitività delle imprese italiane, sia grandi che piccole. La conciliazione e il bilanciamento tra vita privata e professionale sono al centro di questa sfida, non più come semplice politica sociale, ma come motore di sviluppo economico e produttività. 

Molte organizzazioni in Italia stanno riconoscendo l'importanza di questo tema e stanno implementando politiche attive. Le motivazioni spaziano dal miglioramento del clima interno e della retention dei talenti per le grandi aziende, alla necessità strategica di performance e vantaggio competitivo per le PMI. I benefici riscontrati, seppur spesso misurati in modo qualitativo, includono miglioramento delle performance, aumento della produttività, miglior clima organizzativo, maggiore soddisfazione, motivazione e fidelizzazione dei dipendenti, riduzione dell'assenteismo e miglioramento dell'immagine aziendale. 

Tuttavia, l'adozione di queste pratiche non è priva di ostacoli, legati principalmente a sfide organizzative, comunicative e culturali, nonché alla resistenza al cambiamento da parte di alcune classi dirigenti. Superare una cultura che privilegia il tempo speso rispetto ai risultati ottenuti rimane una criticità persistente. 

In questo contesto, il controllo di gestione emerge come uno strumento cruciale e non più rinviabile. Non si limita al mero tracciamento dei costi, ma offre la capacità di analizzare, prevedere e misurare l'impatto economico delle politiche sulla gestione del personale. Permette di quantificare i costi diretti e (soprattutto) indiretti del turnover, di identificare le cause delle dimissioni, e di valutare il ritorno sull'investimento delle iniziative di welfare, formazione e flessibilità. 

Le organizzazioni che sapranno gestire al meglio l'evoluzione del rapporto con i lavoratori e raggiungere risultati concreti nel tempo avranno un maggiore vantaggio competitivo. Ciò richiede un approccio olistico che parte dalla comprensione profonda dei bisogni dei dipendenti, passa per una comunicazione efficace e una formazione mirata (in particolare per il management), si struttura in un sistema integrato di azioni e si apre alla collaborazione con il territorio. 

Invitiamo, pertanto, imprenditori e responsabili HR ad adottare con decisione un approccio data-driven e integrato. L'integrazione tra le funzioni di Controllo di Gestione e Risorse Umane è fondamentale per trasformare la gestione del capitale umano da un insieme di pratiche spesso informali o basate sull'intuito in una leva strategica misurabile e capace di generare valore sostenibile per l'organizzazione. Investire nel benessere e nella retention dei dipendenti, supportato da un efficace sistema di controllo, non è solo una scelta etica, ma un imperativo economico per garantire la prosperità e la resilienza delle imprese italiane nel mercato globale. 

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